Lavoro e indipendenza femminile. La situazione in Italia oggi


indipendenza femminile

 

L’indipendenza femminile passa, necessariamente, dall’autonomia economica.

Di conseguenza, è difficile che una donna possa essere realmente indipendente senza un reddito personale, generalmente derivante dal lavoro.

I dati recenti indicano che nel nostro Paese l’occupazione femminile è molto bassa rispetto al resto dell’Europa e rispetto a quella maschile. Alle donne spetta, infatti, il carico di cura della famiglia nella sua totalità. Sono ancora molto pochi gli uomini italiani coinvolti nei lavori domestici e nella cura di figli e anziani (Fonte: https://documenti.camera.it/leg19/dossier/pdf/PP004LA.pdf che cita Rapporto ISTAT SDGs 2023)

Nel 2022, i dati Eurostat, che consentono un confronto internazionale, indicano un tasso di occupazione delle donne di età compresa tra i 20 e i 64 anni in Italia pari al 55%, contro una media UE del 69,3 per cento.

Le donne occupate sono quindi circa 9,5 milioni, a fronte di circa 13 milioni di uomini.

Inoltre, una su cinque lascia il lavoro dopo essere diventata madre.

 

La maternità è un ostacolo sul posto di lavoro?

Quali sono le ragioni che portano un numero ancora considerevole di donne a lasciare il lavoro dopo una gravidanza?

Tra le lavoratrici che scelgono di licenziarsi in seguito alla maternità, il 52% prende questa decisione a causa della difficoltà nel conciliare la vita lavorativa con la cura dei figli.

Il 19% lo fa sulla base di considerazioni economiche: se, per esempio, la spesa necessaria per mandare un figlio al nido o per pagare una figura di supporto a domicilio (tata, baby-sitter) risulta troppo alta, molte donne rinunciano al lavoro per occuparsi dei figli in prima persona. Come se questa spesa dovesse ricadere solo su di loro perché la cura della prole non riguarda il compagno lavoratore.

Il gender gap occupazionale aumenta in caso di figli minori. Nel 2022, il tasso di occupazione delle donne tra i 25 e i 49 anni con figli di età inferiore ai 6 anni era pari al 55,5%, mentre quello delle donne della stessa età senza figli era del 76,6%.

A fare la differenza è, molto spesso, il livello di istruzione, come dimostra la riduzione del divario occupazionale tra madri e non madri, nel caso di titolo di studio elevato.

 

Esiste un gender gap salariale

Stando agli ultimi dati Eurostat sul tema (2021), il divario retributivo medio (la differenza nella retribuzione oraria lorda tra uomini e donne) è pari al 5%, quindi sotto la media europea che è del 13%.

Per contro, il divario complessivo (la differenza tra il salario annuale medio percepito da donne e uomini), è pari al 43%, quindi al di sopra della media europea che si attesta al 36,2%.

I dati raccolti dall’Osservatorio sui lavoratori dipendenti del settore privato dell’INPS dicono che nel 2022 la retribuzione media annua è risultata costantemente più alta per il genere maschile: 26.227 euro per gli uomini contro 18.305 euro per le donne.

Lo stato delle cose, oltre a essere contrario alle politiche a sostegno delle pari opportunità, può anche avere conseguenze indirette sul piano del livello occupazionale femminile poiché, come già accennato, in caso di spese per nido o baby-sitter troppo onerose, di norma due genitori, ricalcando stereotipi culturali, decidono di “sacrificare” lo stipendio minore (in genere quello femminile), per consentire alla madre di restare a casa a prendersi cura dei figli.

 

Una questione (anche) culturale

Al netto di ogni considerazione economica, il problema rimane sostanzialmente culturale.

Una narrativa sociale ancora estremamente diffusa ritiene, infatti, del tutto normale delegare le attività di cura alle donne. Figli piccoli, parenti malati, questioni domestiche restano per molti un “affare” strettamente femminile.

Di frequente, sono proprio le donne a dare per scontato che tocchi a loro occuparsi delle varie incombenze familiari e a scegliere di delegare la gestione dei propri soldi al partner.

Anche per questa ragione, molte donne sono prive di una vera autonomia finanziaria e, di conseguenza, limitate nella possibilità di decidere liberamente.

La mancanza di indipendenza economica è, purtroppo, una delle ragioni per cui, in caso di episodi di violenza domestica, in tante esitano a lasciare il partner maltrattante.

La mancanza di consapevolezza di sé e del proprio valore e una condizione di dipendenza economica dal partner, spesso basata su luoghi comuni e stereotipi di genere socialmente accettati, rende difficile capire quando si è vittime di violenza economica, una forma di violenza psicologica ancora poco indagata proprio perché spesso difficile da riconoscere.

 

Il Museo del Risparmio affronta da anni il tema della violenza economica e attraverso i numerosi percorsi di educazione finanziaria è impegnato nel sensibilizzare le donne sull’importanza dell’indipendenza economica per una migliore qualità e una maggiore serenità della loro vita.

Per saperne di più visita il nostro sito.

 

 

24 gennaio 2024

 

 

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