
Tra le tendenze della moda, già da qualche anno, si sta diffondendo un nuovo filone strettamente legato all’economia circolare.
Produzioni attente all’ambiente, materiali ecologici, abiti di seconda mano aggiustati e/o reinventati si stanno facendo largo in un mercato che sembra puntare sempre più alla ricerca di una nuova sostenibilità.
È notizia recentissima che da ottobre 2023 la Francia ha deciso di sostenere la moda circolare e introdurre un vero e proprio “bonus riparazione” per chi sceglie di far aggiustare i propri vestiti anziché buttarli e comprarne di nuovi.
Si chiama Fonds réparation textile e prevede uno sconto tra i 6 e i 25 euro per le riparazioni effettuate nelle sartorie e nelle calzolerie aderenti all’iniziativa.
L’obiettivo è supportare gli artigiani del settore, riducendo contemporaneamente lo spreco e l’inquinamento prodotti dall’industria della moda veloce o fast fashion.
Come nasce il fast fashion
Si tratta di una tendenza che ha iniziato a prendere piede negli ultimi 20 anni e fa riferimento a un design che passa rapidamente dalle passerelle all’uso quotidiano.
Questo è reso possibile da alcuni cambiamenti nella catena produttiva, che favoriscono una realizzazione rapida ed economica di modelli ispirati alle sfilate, permettendone l’acquisto a basso costo ai consumatori. Questa strategia di produzione molto veloce e a prezzo accessibile viene utilizzata dai grandi rivenditori.
Il risultato è che sempre più persone comprano con pochi soldi grandi quantità di abiti, calzature e accessori, spesso di bassa qualità.
Ormai è possibile indossare un capo nuovo quasi ogni giorno e, se si rovina nel giro di poco, lo si butta senza troppi ripensamenti: la società che vive nel “qui e ora”, impone la gratificazione continua e istantanea e il desiderio di essere sempre al passo con le ultime tendenze.
In passato, al contrario, si comprava meno e meglio: i capi acquistati dovevano durare nel tempo.
L’attuale stile di acquisto (e di vita) è chiaramente poco sostenibile poiché causa quantità eccessive di rifiuti, erode le risorse del pianeta e, soprattutto, sfrutta i lavoratori.

Le conseguenze della moda veloce
La crescita esponenziale dell’industria del fast fashion ha causato un impatto ambientale senza precedenti.
Sono ormai impressionanti i dati di ricerche e inchieste, secondo i quali sono migliaia le tonnellate di vestiti usati (o poco usati) che finiscono nelle discariche a cielo aperto, soprattutto nei paesi più poveri di Asia e Africa, con danni all’ambiente sempre più importanti.
Per dare un’idea della dimensione del fenomeno è sufficiente considerare che nel 2014 si sono acquistati a livello globale il 60% di vestiti in più rispetto al 2000 e che la durata media dei capi si è dimezzata. L’aumento della produzione rende disponibile nel corso dell’anno un’enorme varietà di taglie e modelli. In questo modo però, a fine stagione, restano sugli scaffali importanti quantità di materiale invenduto che devono essere smaltite.
Si stima, inoltre, che il 20% dell’inquinamento delle acque derivi dai processi di tintura e lavorazione dei tessuti utilizzati nell’industria della moda.
Cos’è la moda sostenibile e perché fa bene a tutti
Per moda sostenibile intendiamo la scelta responsabile di un movimento che punta a soddisfare i bisogni legati al mondo del fashion nel rispetto delle risorse del pianeta.
La moda sostenibile rappresenta in realtà un ritorno alla moda com’era concepita in passato: processi di produzione meno veloci ma più etici, e uso di materiali che rispettino l’ambiente.
Si basa, inoltre, sui concetti cardine dell’economia circolare: riutilizzare, riparare e rimettere in circolo, per allungare il più possibile il ciclo di vita di un prodotto, riducendo lo spreco e contribuendo a ridurre i rifiuti al minimo.
Come applicare tutto questo alla nostra quotidianità?
Sicuramente facendo acquisti meno frequenti e più oculati: quindi comprare un numero di abiti minore, ma di migliore qualità.
Tendiamo a credere che acquistare vestiti, scarpe o accessori a basso prezzo ci aiuti a risparmiare. In realtà, avere un armadio pieno di cose che si rovineranno nel giro di una stagione ci porta a spendere di più, non di meno.
In questo modo ci troviamo immersi in uno shopping compulsivo, alimentando un circuito che, oltre al nostro portafoglio, fa male all’ambiente e a molte persone – spesso minori – sfruttate.
Molto meglio, quindi, iniziare a rivedere il nostro guardaroba, acquistando meno capi ma più selezionati.
Inoltre, quando un oggetto di buona qualità (dopo un lungo utilizzo) inizia a rovinarsi niente di meglio che ripararlo, come l’iniziativa francese ci insegna. Di solito ci affezioniamo alle cose belle e sappiamo già che trovarle uguali nelle vetrine non sarà possibile.
Un’altra idea interessante è scoprire il mercato del vintage, che si occupa proprio di dare nuova vita, spesso anche in modo originale, ad abiti usati di buona fattura e in ottimo stato.
Fare acquisti vintage è una tendenza sempre più diffusa tra giovani e giovanissimi, che considerano la compravendita dell’usato un modo intelligente e non convenzionale di risparmiare.
Abbiamo parlato di moda sostenibile nella prima puntata del nostro podcast Mica solo parole con la scrittrice, docente e giornalista Fabiana Giacomotti.
Ascoltandolo possiamo scoprire come riconoscere i capi di vestiario realmente sostenibili e diventare consumatori sempre più consapevoli e informati.
12 ottobre 2023
tag: moda sostenibile