Gender bias nel credito: quando il merito non basta all’indipendenza femminile


gender bias nel credito

 

L’accesso al credito è uno snodo cruciale per la crescita economica, l’imprenditorialità e l’autonomia individuale. Tuttavia, numerose evidenze indicano che, anche a parità di merito, le donne continuano a incontrare maggiori ostacoli rispetto agli uomini, a causa del gender bias nel credito, che persiste a livello globale. A confermarlo è un’analisi del Centre for Economic Policy Research (CEPR), istituto di ricerca europeo che da oltre quarant’anni promuove studi di frontiera nel campo della politica economica. Analizzando i dati pubblicati dal World Bank Enterprise Surveys relativi al periodo 2008–2023, il CEPR ha approfondito l’impatto dei pregiudizi di genere nell’accesso al credito a livello globale.

Secondo lo studio, che si concentra su 61 Paesi, le imprese guidate da donne ricevono in media il 39% in meno di finanziamenti rispetto a quelle gestite da uomini, una disparità che sale al 54% nei Paesi caratterizzati da norme sociali più rigide. Eppure, queste stesse imprese guidate da donne mostrano un rendimento medio del capitale superiore del 14,7%, segno evidente di una cattiva allocazione delle risorse legata al gender bias.

 

Il gender gap nel credito in Italia

Anche in Italia il fenomeno è evidente. Secondo alcuni dati elaborati dalla FABI (Federazione Autonoma Bancari Italiani), aggiornati a settembre 2024, alle donne viene erogato solo il 20,3% del totale dei prestiti bancari alle famiglie, contro il 35,8% destinato agli uomini. Un divario netto, che si traduce in una differenza di circa 68 miliardi di euro su un totale di 472 miliardi.

Il gap si conferma trasversale a tutte le regioni italiane, seppur con alcune variazioni. Nel Nord-Ovest e nel Nord-Est, ad esempio, le donne ricevono il 19,6% dei finanziamenti, mentre agli uomini va il 34,6%; al Centro la quota femminile sale al 22,3% contro il 33,7% maschile. Le percentuali più basse si registrano nel Sud, dove le donne accedono al 18% dei prestiti, mentre nelle Isole la quota sale al 20,3%, a fronte di una media maschile tra il 34,2% e il 35,8%.

Questo squilibrio rispecchia una disuguaglianza più ampia che collega mondo del lavoro e vita privata: a un’occupazione femminile spesso part-time, a salari più bassi e a un patrimonio personale più ridotto, corrisponde un accesso al credito fortemente limitato.

 

Oltre i numeri: come affrontare il gender bias in finanza

Il gender bias nel credito non è solo una questione economica: affonda le sue radici in barriere culturali e sociali ancora fortemente radicate. Tra le cause principali vi sono stereotipi di genere, discontinuità lavorativa, un limitato accesso alle reti professionali e informative. Questo insieme di fattori penalizza fortemente le donne, limitando o impedendo per molte di loro una corretta crescita economica.

Inoltre, la difficoltà di accesso al credito, che per alcune di loro può tradursi nell’impossibilità di disporre di risorse proprie da gestire in autonomia, può portare a forme più o meno esplicite di violenza economica, quando l’esclusione dal controllo o dalla disponibilità delle risorse finanziarie diventa un fattore di dipendenza.

Queste dinamiche, oltre a penalizzare le singole donne, generano squilibri sistemici: imprese capaci e profittevoli non accedono ai finanziamenti necessari, con una conseguente misallocation (errata allocazione) del capitale che frena crescita, innovazione e competitività.

Per invertire questa tendenza servono strumenti concreti e un cambiamento culturale. Da un lato, politiche pubbliche e soluzioni bancarie inclusive; dall’altro, educazione e formazione finanziaria per rafforzare la consapevolezza e l’autonomia economica e delle donne.

Anche su questo fronte, il Museo del Risparmio è da sempre attivo con progetti e percorsi dedicati, che affrontano il legame tra finanza, empowerment e parità di genere, dai moduli sull’indipendenza economica femminile ai workshop per imprenditrici e operatrici del terzo settore: perché il merito conti davvero e non rimanga solo un principio teorico.

 

 

9 luglio 2025

 

 

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